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Amati Lettori,
di nuovo buon anno e ben trovati con la rubrica sul Senso di Quello che Facciamo, che da quest’anno sarà pubblicata ogni primo lunedì del mese. Il 2018 si è chiuso, in Italia, con l’approvazione della Legge di Bilancio: ora si attendono i vari decreti attuativi perché quelle parole si trasformino in realtà nei diversi ambiti di applicazione. Non è cosa banale: tante persone iniziano il 2019 con una grande incertezza su quel che avverrà, non ci si fida normalmente delle istituzioni e risulta ancor più arduo l’attendere fiduciosi che qualcosa cambierà a partire da quel sedicente “governo del cambiamento” che ancora deve dimostrare di aver capito di essere effettivamente a capo e a guida di un Paese – non più in campagna elettorale – e che i sacrifici di anni di precariato di tanti giovani dovranno pur valere qualcosa. Non è il reddito di cittadinanza la “consolazione” che si desidera, ma l’essere integrati in un sistema produttivo che – ora come in passato – quando ha bisogno di tasselli da riempire non si fa scrupoli nello sfruttare le competenze di chi è umilmente e professionalmente sempre a disposizione.
Guardando oltre i nostri confini, va anzitutto sottolineato che la prima parte del 2019 sarà dominata dalla questione Brexit: si giungerà ad un accordo o il periodo di negoziati si concluderà col no deal? Ci saranno elezioni parlamentari nel Regno Unito? Ci sarà un nuovo people’s vote, ossia un secondo referendum? Le risposte a questi interrogativi – quali che siano – avranno ricadute politiche all’interno del Regno Unito, ma anche nell’Unione europea e nei suoi Stati membri, e – soprattutto – nella Repubblica d’Irlanda.
In secondo luogo, va considerato che il 2019 sarà un anno di elezioni: le parlamentari in sette Stati membri dell’UE (e in Svizzera), le presidenziali in sei (oltre alla Macedonia e all’Ucraina) e, naturalmente, la madre di tutte le elezioni: le europee a Maggio. Probabilmente, l’ascesa del populismo continuerà a dominare l’attualità della maggior parte dei mezzi d’informazione che seguiranno le varie tornate elettorali. È altrettanto probabile che i partiti oggi al governo perderanno consensi, mentre possiamo immaginare che molti altri partiti radicali populisti di destra, ora all’opposizione, otterranno risultati eccellenti.
Da tenere in particolare considerazione quel che accade al presidente francese Emmanuel Macron: sfidato in piazza dai “gilet gialli” proprio mentre è alle prese con un tragico calo di popolarità, sembra aver perduto slancio sia in Francia che in Europa. Tuttavia un buon risultato alle europee potrebbe ripristinarne l’autorità a Parigi e metterlo nella condizione di controllare le nomine di maggior peso a Bruxelles.
Oltre oceano, Trump ha deciso di ritirare i soldati americani dalla Siria. Sul piano estero, la decisione è stata lodata da Putin, il quale è sempre più nella condizione di riconquistare tutta la Siria e sottoporla al controllo di Bassar al Assad, infeudato alla Russia. Il ritiro di Trump dalla Siria è stato quasi certamente concordato con Putin a porte chiuse: i più grandi capi di Stato, negli incontri a porte chiuse, parlano di politica di potenza, che raggiunge la sua massima intensità nel fenomeno della guerra. Si tratta adesso di capire che cosa Putin possa avere promesso a Trump in cambio del ritiro delle truppe dalla Siria: se la Siria ha importanza vitale per Putin, Trump deve avere chiesto qualcosa di altrettanto importante per gli Stati Uniti. Le priorità americane sono due: al primo posto è la Cina e al secondo la Corea del Nord. Per contenere questi due Paesi, Trump ha bisogno di Putin. Il modo di questa collaborazione prenderà forma con il tempo, se ne resterà.
Buon Gennaio!
Stefania Barcella
Giornalista iscritta all’albo dei pubblicisti della Lombardia (IT)