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Nella giornata di venerdì, Bergoglio è partito in aereo da Lima per Puerto Maldonado, dove incontra i popoli dell’Amazzonia nel Coliseo Regional Madre de Dios e la popolazione nell’Istituto Jorge Basadre. A seguire la visita all’Hogar Principito e il pranzo con i rappresentanti dei popoli dell’Amazzonia nel Centro Pastorale Apaktone. Nel pomeriggio la partenza in aereo per Lima, la visita alla Cappella della Base Aerea, l’incontro con le Autorità, con la Società civile e con il Corpo Diplomatico nel Cortile d’Onore. Successivamente, la visita di cortesia al Presidente nel Salone degli Ambasciatori del Palacio de Gobierno e l’incontro privato con i membri della Compagnia di Gesù nella chiesa di San Pedro.
L’incontro con i popoli dell’Amazzonia nel Coliseo Regional Madre de Dios
“Qui insieme a voi mi sgorga dal cuore il canto di San Francesco: Laudato si’, mi’ Signore. Sì, lodato Tu sia per l’opportunità che ci doni con questo incontro. Vedo che siete venuti dai differenti popoli originari dell’Amazzonia: Harakbut, Esse-ejas, Matsiguenkas, Yines, Shipibos, Asháninkas, Yaneshas, Kakintes, Nahuas, Yaminahuas, Juni Kuin, Madijá, Manchineris, Kukamas, Kandozi, Quichuas, Huitotos, Shawis, Achuar, Boras, Awajún, Wampís, tra gli altri. Vedo anche che ci accompagnano popoli che vengono dalle Ande e son arrivati nella selva e si sono fatti amazzonici. Ho molto desiderato questo incontro. Ho voluto iniziare da qui la visita in Perù. Grazie per la vostra presenza e perché ci aiutate a vedere più da vicino, nei vostri volti, il riflesso di questa terra. Un volto plurale, di un’infinita varietà e di un’enorme ricchezza biologica, culturale, spirituale. Questo canto di lode si spezza quando ascoltiamo e vediamo le profonde ferite che porta con sé l’Amazzonia e i suoi popoli. E ho voluto venire a visitarvi e ascoltarvi, per stare insieme nel cuore della Chiesa, unirci alle vostre sfide e con voi riaffermare un’opzione sincera per la difesa della vita, per la difesa della terra e per la difesa delle culture.
L’Amazzonia è una terra disputata su diversi fronti: da una parte, il neo-estrattivismo e la forte pressione da parte di grandi interessi economici che dirigono la loro avidità sul petrolio, il gas, il legno, l’oro, le monocolture agro-industriali; dall’altra parte, la minaccia contro i vostri territori viene anche dalla perversione di certe politiche che promuovono la “conservazione” della natura senza tenere conto dell’essere umano e, in concreto, di voi fratelli amazzonici che la abitate. Siamo a conoscenza di movimenti che, in nome della conservazione della foresta, si appropriano di grandi estensioni di boschi e negoziano su di esse generando situazioni di oppressione per i popoli originari per i quali, in questo modo, il territorio e le risorse naturali che vi si trovano diventano inaccessibili. Questa problematica soffoca i vostri popoli e causa migrazioni delle nuove generazioni di fronte alla mancanza di alternative locali. Dobbiamo rompere il paradigma storico che considera l’Amazzonia come una dispensa inesauribile degli Stati senza tener conto dei suoi abitanti.
La difesa della terra non ha altra finalità che non sia la difesa della vita. Conosciamo la sofferenza che alcuni di voi patiscono per le fuoriuscite di idrocarburi che minacciano seriamente la vita delle vostre famiglie e inquinano il vostro ambiente naturale. Parallelamente, esiste un’altra devastazione della vita che viene provocata con questo inquinamento ambientale causato dall’estrazione illegale. Mi riferisco alla tratta di persone: la mano d’opera schiavizzata e l’abuso sessuale. La violenza contro gli adolescenti e contro le donne è un grido che sale al cielo. Confido nella capacità di resilienza dei popoli e nella vostra capacità di reazione davanti ai difficili momenti che vi tocca vivere. Lo avete dimostrato nei diversi assalti della storia, con i vostri contributi, con la vostra visione differenziata delle relazioni umane, con l’ambiente e con l’esperienza della fede”.
L’incontro con la popolazione nell’Istituto Jorge Basadre
“Questa regione è chiamata con il bellissimo nome di “Madre de Dios”. Non posso non fare menzione di Maria, giovane ragazza che viveva in un villaggio lontano, sperduto, anch’esso considerato da tanti come “terra di nessuno”. Lì ricevette il saluto e la chiamata più grande che una persona possa sperimentare: essere la Madre di Dio; ci sono gioie che possono essere rivelate solo ai piccoli. Voi avete in Maria non solo un testimone a cui guardare, ma una Madre, e dove c’è una madre non c’è quel terribile male di sentire che non apparteniamo a nessuno, quel sentimento che nasce quando comincia a scomparire la certezza di appartenere a una famiglia, a un popolo, a una terra, al nostro Dio. Cari fratelli, la prima cosa che mi piacerebbe trasmettervi – e voglio farlo con forza – è che questa non è una terra orfana, è la terra della Madre! E se c’è una madre ci sono figli, c’è famiglia e c’è comunità. E dove c’è madre, famiglia e comunità, non potranno sparire i problemi, ma sicuramente si trova la forza per affrontarli in modo diverso.
In diverse occasioni mi sono riferito alla cultura dello scarto. Una cultura che non si accontenta solo di escludere – come eravamo abituati a vedere -, ma che è avanzata mettendo a tacere, ignorando e rigettando tutto ciò che non serve ai suoi interessi; sembrerebbe che il consumismo alienante di alcuni non riesca a percepire la dimensione della sofferenza soffocante di altri. È una cultura anonima, senza legami e senza volti, la cultura dello scarto. Una cultura senza madre, che non vuole altro che consumare. La terra viene trattata secondo questa logica. Le foreste, i fiumi e i torrenti vengono usati, utilizzati fino all’ultima risorsa e poi lasciati inutilizzati e inservibili. Anche le persone sono trattate con questa logica: usate fino allo sfinimento e poi abbandonate come “inservibili”.
Pensando a queste cose permettetemi di soffermarmi su un tema doloroso. Ci siamo abituati a utilizzare il termine “tratta di persone”. Arrivando a Puerto Maldonado, nell’aeroporto ho visto un cartello che ha richiamato la mia attenzione positivamente: “Fai attenzione alla tratta!”. Si vede che stanno prendendo coscienza. Ma in realtà dovremmo parlare di schiavitù: schiavitù per il lavoro, schiavitù sessuale, schiavitù per il guadagno. Fa male constatare come in questa terra, che sta sotto la protezione della Madre di Dio, tante donne sono così svalutate, disprezzate ed esposte a violenze senza fine. Non possiamo “normalizzare” la violenza, prenderla come una cosa naturale. No, non si “normalizza” la violenza contro le donne, sostenendo una cultura maschilista che non accetta il ruolo di protagonista della donna nelle nostre comunità. Non ci è lecito guardare dall’altra parte, fratelli, e lasciare che tante donne, specialmente adolescenti, siano “calpestate” nella loro dignità”.
La visita all’Hogar Principito
“Quando mi hanno raccontato dell’esistenza di questa Casa “Il Piccolo Principe” e della Fondazione Apronia, ho pensato che non potevo andarmene da Puerto Maldonado senza salutarvi. Abbiamo appena celebrato il Natale. Ci ha intenerito il cuore l’immagine di Gesù Bambino. Lui è il nostro tesoro, e voi bambini siete il riflesso, e siete anche voi il nostro tesoro, il tesoro di tutti noi, il tesoro più prezioso di cui dobbiamo avere cura. Perdonate le volte in cui noi grandi non lo facciamo o non vi diamo l’importanza che voi meritate. Quando sarete grandi non dimenticatevi di questo. Il vostro sguardo, la vostra vita esigono sempre un maggiore impegno e lavoro per non diventare ciechi o indifferenti davanti a tanti altri bambini che soffrono e si trovano in necessità. Voi, senza alcun dubbio, siete il tesoro più prezioso di cui dobbiamo prenderci cura. Voi siete le stelline che illuminano la notte. Grazie”.
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Stefania Barcella
Giornalista iscritta all’albo dei pubblicisti della Lombardia (IT)