Tempo medio di lettura: 3 minuti
Amati Lettori,
la scorsa settimana ci siamo soffermati sul pensiero strategico d’Israele e dei suoi interessi nell’area mediorientale. Salendo un po’ più a nord troviamo la Siria: nuovamente teatro, nell’ultima settimana, di una sanguinosa guerra civile che sta trovando spazio anche sulla ribalta dei dibattiti politici riportati dai mass media. Che cosa sta succedendo?
La Siria è lo spazio scenico della lotta per il potere: non è una “semplice” questione fra il governo e i ribelli, diversi Paesi combattono per impossessarsi di un pezzo di Medio Oriente. Dal 18 Febbraio circa 500 civili, tra cui 121 bambini, sono stati uccisi da violenti bombardamenti delle forze del regime siriano contro la roccaforte dei ribelli di Ghouta Est. Il Consiglio di sicurezza dell’ONU ha adottato all’unanimità una risoluzione che per “almeno 30 giorni” dovrebbe far cessare i bombardamenti in tutto il Paese, incluso il distretto ribelle di Ghouta. In una concessione alla Russia, la risoluzione chiarisce che la tregua non si applica alle operazioni contro gruppi come ISIS e al-Qaeda, oltre ad “individui, gruppi ed entità” associati a formazioni terroristiche. Il presidente russo, Vladimir Putin, ha ordinato che la tregua umanitaria inizi dal 27 Febbraio, dalle 9 alle 14.
Parallelamente, membri delle milizie fedeli al regime siriano sono entrate ad Afrin per opporsi all’avanzata turca. Immagini diffuse dalla tv libanese al-Mayadeen hanno mostrato mezzi con le bandiere siriane, con miliziani a bordo e carichi di armi, mentre fanno il segno della vittoria entrando nell’area dell’enclave curda, oggetto di una pesante offensiva da parte di Ankara, iniziata il 20 Gennaio scorso. Secondo la stampa ufficiale turca, però, le truppe di Assad si sarebbero già ritirate dopo gli attacchi dell’artiglieria turca. Resta il fatto che anche quest’area è spazio di guerra e conquista del potere. Ma chi sono gli attori in gioco, al di là della Siria e della Turchia?
Da un lato abbiamo la Russia, che lotta per riunificare la Siria e pacificarla sotto un solo governo guidato da Bassar al Assad. Perché Putin vuole unità e pace? Perché prima dell’inizio della guerra civile la Russia dominava sull’intera Siria, ora ridotta a un cumulo di macerie irrilevanti. Dunque, poiché le macerie sono strategicamente inservibili, l’obiettivo di Putin è riunificare il Paese per tornare a dominarlo.
Dall’altro lato abbiamo gli Stati Uniti che, al contrario della Russia, lottano per smembrare la Siria e prolungare la guerra. Perché Trump vuole divisione e guerra? Perché è consapevole di non poterla conquistare se non sparando sui soldati di Putin, ma – d’altra parte – così facendo si conclamerebbe la terza guerra mondiale (peraltro già in atto, ma “a pezzi” e dunque non così immediatamente riconoscibile). Il fatto è che gli americani hanno investito milioni di dollari nella guerra in Siria e adesso vogliono rientrare della spesa e lo fanno cercando di creare un’area nel nord della Siria, e cioè ai piedi della Turchia, da affidare ai curdi: Trump vorrebbe istituire una specie di Stato curdo che cadrebbe sotto il controllo inevitabilmente degli Stati Uniti per la sua enorme debolezza.
Perché quest’idea di Trump non è realizzabile? Perché la Turchia, e sta proprio qui il principale motivo di scontro con gli Stati Uniti, ha subito un’elevata quantità di attentati terroristici da parte di militanti curdi. In Turchia centinaia di famiglie piangono i loro morti, e il presidente turco Erdogan ha il dovere morale e politico di dare risposte a queste famiglie devastate. Dunque la Turchia non accetterà mai che nasca uno Stato curdo sul proprio confine meridionale. Ecco perché Erdogan ha attaccato i curdi ad Afrin, nel nord della Siria, entrando in urto con Trump, che ha circa duemila soldati in quell’area. Ma non è tutto, perché il dittatore siriano Bassar al Assad ha deciso di appoggiare i curdi filo-americani combattuti da Erdogan. La conseguenza è che stiamo assistendo al più grande impazzimento politico della storia recente. Gli Stati Uniti, dopo avere combattuto al fianco della Turchia contro Bassar al Assad, ora se lo trovano come alleato indiretto. L’esercito di Assad è entrato ad Afrin al fianco dei curdi sostenuti dagli americani contro Erdogan, membro della NATO.
In questo dedalo d’interessi politici ed economici, di chi ci dovremmo fidare? È evidente che nessuno ha a cuore il reale destino dei siriani, ma la storia – come sempre – la scrivono i vincitori. A noi, che la storia la stiamo vivendo e osservando in presa diretta, non resta che porre in evidenza tutte le intrinseche contraddizioni proprie della lotta per il potere.
Buona Settimana!
Stefania Barcella
Giornalista iscritta all’albo dei pubblicisti della Lombardia (IT)