Il senso del migrare: rotte e logiche geopolitiche bypassano confini e retoriche del Belpaese

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Amati Lettori,

la terza settimana del 2018 si apre con un viaggio apostolico del Papa in Cile e Perù. Bergoglio migra dall’Italia alle terre dell’America Latina, di cui ben conosce la storia e alle cui popolazioni ha voluto dare un messaggio di pace e di speranza sin dal videomessaggio diffuso poche ore prima della partenza. Le parole del Santo Padre hanno posto in evidenza la “cultura dello scarto” che ci ha invaso sempre più: “Desidero rendere grazie a Dio per la fede e l’amore a Dio e ai fratelli più bisognosi, specialmente per l’amore che provate verso quanti sono scartati dalla società. Toccare con mano questa vicinanza di Dio fa di noi una comunità viva e capace di commuoversi con quanti stanno al nostro fianco e compiere passi fermi di amicizia e di fraternità. Siamo fratelli che andiamo incontro agli altri per confermarci in una stessa fede e speranza”.

berlusconi

La capacità di “com-muoversi”, di muoversi – fisicamente ma soprattutto spiritualmente – insieme a quanti stanno al nostro fianco, pare non essere una dote evidenziata dai politici italiani impegnati in una campagna elettorale che ruota più attorno alla retorica che a delle proposte propositive e concrete.

Sul piano nazionale, i leader di centro-destra e centro-sinistra, rispettivamente Silvio Berlusconi e Matteo Renzi, si sono rimpallati le responsabilità delle scelte sul delicato tema dei migranti. L’esponente di Forza Italia, infatti, nel corso di un’intervista al programma televisivo “Domenica Live” ha sostenuto che l’emergenza “è tutta colpa di Renzi e della sinistra, che hanno firmato il trattato di Dublino e che hanno scelto in maniera scellerata di prendersi carico dei migranti che sbarcano in Italia”. Dal canto suo, il segretario del PD ha immediatamente replicato: “Su una cosa Berlusconi ha ragione e su una ha torto. Ha ragione sul fatto che il trattato di Dublino ha stabilito che la gestione dei migranti che arrivano in un Paese è competenza esclusiva di quel Paese. Da Dublino in poi l’Italia ha il dovere di occuparsi da sola dei migranti che arrivano in Italia. Ha torto su un piccolo dettaglio. Quel trattato – sbagliatissimo e che noi stiamo chiedendo di cambiare – non l’ha firmato il mio governo. Era il 2003. Quel trattato sbagliato che ha messo in difficoltà l’Italia l’ha firmato il governo della Repubblica guidato da Silvio Berlusconi. L’ha firmato lui, non io. Qualcuno è in grado di smentirmi?”.

fontana

Il punto, però, tanto a destra quanto a sinistra, non è quello di smentire o rilanciare: si tratta piuttosto di elaborare una strategia di gestione che parta dalla realtà oggettiva dei fatti e ne consideri tutte le complesse implicazioni. Sempre nelle ultime ore, il candidato di centro-destra alle elezioni regionali in Lombardia, Attilio Fontana, a proposito dei migranti ha populisticamente affermato che non possiamo accoglierli tutti e che la “razza bianca” rischia di essere cancellata a causa loro. Al di là della bufera mediatica che la frase razzista ha scatenato, resta il fatto che siamo ancora quelli di prima dopo aver espresso il nostro istinto di sopravvivenza, che comunque rimane non rapportabile alle situazioni da cui i migranti provengono.

Solo a titolo esemplificativo, indubbiamente non esaustivo, negli ultimi giorni nella centralissima piazza Tayaran a Baghdad, capitale dell’Iraq, un duplice attentato ha provocato oltre 30 morti secondo quanto riferito da fonti del Ministero degli Interni iracheno. Violenti scontri sono invece in corso intorno all’area dell’aeroporto di Tripoli, capitale della Libia, che rimane bloccato con un bilancio provvisorio di almeno 11 morti e 37 feriti: gli incidenti sono iniziati quando un gruppo di uomini armati ha tentato di assaltare la prigione che si trova all’interno dello scalo sotto il controllo del governo di Fayez al-Sarraj.

In tutto ciò, nel quasi assoluto silenzio rispetto alle reboanti dichiarazioni della campagna elettorale, il governo ha deciso di “rimodulare l’impegno nelle aree di crisi geograficamente più vicine e che hanno impatti più immediati rispetto ai nostri interessi strategici. E il cuore dei nostri interventi è il Mediterraneo allargato, dai Balcani al Sahel, al Corno d’Africa”. È quanto ha riferito il ministro della Difesa, Roberta Pinotti, alle commissioni riunite Difesa ed Esteri di Senato e Camera. La Pinotti ha inoltre ribadito che la nuova missione in Niger vedrà impegnati un numero massimo di 470 militari e quella in Libia conoscerà un lieve aumento, fino a 400 unità complessive.

Sono le azioni, non la demagogia, a determinare i fatti. Possono essere giuste o sbagliate, migliorabili o pessime, popolari o impopolari: con queste dobbiamo confrontarci. Ricordiamocene la prossima volta che vorremo esultare o indignarci a fronte delle chiacchiere da salotto. Nell’interconnessione del mondo attuale, l’evoluzione delle migrazioni segue rotte e logiche geopolitiche che bypassano – de facto – confini e retoriche del Belpaese.

Buona Settimana!

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Stefania Barcella
Giornalista iscritta all’albo dei pubblicisti della Lombardia (IT)