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Amati Lettori,
siamo arrivati all’ultima settimana di Giugno e siamo di fronte ad un libro bianco ancora tutto da scrivere, o almeno questa può essere la sensazione ad un primo impatto. Il governo si è formato da qualche settimana, ma – francamente – ancora non si è capito che cosa voglia fare. Siamo ancora fermi a dichiarazioni – poche, da parte del premier Conte – e insulti – molti, da parte dei vicepremier Salvini e Di Maio.
Si sta cavalcando molto l’onda dei migranti, come già scrivevamo nelle puntate precedenti. E, proprio a tal proposito, si assiste a più riprese alla diatriba Francia-Italia con Macron che d’Oltralpe parla di “lebbra populista” mentre la coppia italofona risponde ch’è “il nemico numero uno”. A prescindere dalle ideologie, un po’ di ripasso della storia non farebbe male a nessuno. Tanto Salvini quanto Di Maio hanno frequentato il liceo classico, si sono iscritti all’università, hanno cambiato facoltà e infine l’hanno abbandonata senza completare gli studi. Il DNA, per sua natura, cambia molto lentamente. Metaforicamente parlando, non possiamo aspettarci che chi non è abituato a portare a termine le cose d’un tratto manifesti capacità di azioni determinanti.
Siamo bombardati d’immagini e suggestioni: dai migranti sulle navi in attesa di destinazione, ai bambini nelle gabbie momentaneamente separati dai propri genitori. C’è da riflettere, al di là di ogni demagogia spicciola. Andiamo oltre le dichiarazioni ad effetto, le simpatie o le antipatie, e cerchiamo dunque di capire qual è la posizione ufficiale del governo italiano in base ai dieci punti proposti da Conte al pre-vertice europeo.
L’Italia vuole: intensificare i rapporti con i Paesi di passaggio, fare i centri di accoglienza il più possibile nei Paesi di transito, rafforzare le frontiere esterne, superare Dublino perché non risponde ai tempi, e – soprattutto – chi sbarca in Italia sbarca in Europa. E ancora: responsabilità collettiva, battersi contro la tratta degli esseri umani, non tutti devono arrivare in Italia o in Spagna, i movimenti secondari possono essere regolati anche da rapporti bilaterali, punire con sanzioni chi non accoglie la ripartizione dei profughi.
Tutto questo può anch’essere giusto, seppur molto nebuloso, ma il punto cruciale è riuscire a mettere insieme principi, schieramenti ed alleanze. E questo è un duro lavoro ancora da fare. Per il resto, continuiamo a vivere una campagna elettorale permanente, ch’è forse ormai connaturata nelle democrazie occidentali dove tutto è precario e provvisorio. E proprio in questa precarietà e provvisorietà sta la malattia che ha preso il nostro modo di far politica e informazione: tutto si basa – da parte di coloro che hanno il potere – sul voler far vedere qualcosa per dimostrare di essere duri. L’incoscienza verbale – dal reddito di cittadinanza alla flat tax, dai migranti al no vax – è veramente elevata. Spesso si trascende dalla realtà e dalla ragionevolezza: se tutti si divertono a dire no a qualcun altro e tutti devono dirlo sui giornali o a favore di microfoni e telecamere, non ci può essere una soluzione. Ora – per quanto riguarda tutto ciò ch’è d’interesse sovranazionale e ch’è di primaria importanza visto l’appuntamento del Consiglio europeo in programma il 28 e 29 Giugno – è necessario che si affermino la responsabilità comune e la comune amministrazione e giurisdizione. Dalle persone che governano ci si aspetta che abbiano preparazione e capacità di contenimento della propria lingua: non siamo in un reality, ma nel tempo reale. Ci sono cose che bisogna prima studiare, poi annunciare e possibilmente anche fare: ci riusciranno i nostri leader…?
Quello ch’è nelle mani di chi ci governa non è un libro bianco: si tratta di un palinsesto. C’è una storia, ch’è stata scritta sin qui. Solo se sapremo raccoglierla, decodificarla e raccontarla con onestà potremo essere credibili protagonisti del cambiamento.
Buona Settimana!
Stefania Barcella
Giornalista iscritta all’albo dei pubblicisti della Lombardia (IT)