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Amati Lettori,
l’ultima settimana di Maggio è iniziata in una dimensione di surrealtà: sogniamo, o siam desti? Tutto quello che stiamo vivendo effettivamente esiste, ma non sembra reale.
Il 4 Marzo siamo andati a votare e liberamente ciascuno di noi ha espresso la propria preferenza. Nei successivi due mesi il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, secondo il ruolo affidatogli dalla Costituzione, ha sperimentato – senza esito positivo – tutte le possibili soluzioni.
Col sopraggiungere dell’ultimatum si è “magicamente” manifestata una maggioranza parlamentare tra il Movimento Cinque Stelle e la Lega che, pur contrapposti alle elezioni, dopo un ampio lavoro programmatico hanno raggiunto un’intesa. Tutto ciò è stato agevolato in ogni modo dal capo dello Stato, che ha atteso i tempi richiesti da Di Maio e Salvini pure per far approvare l’accordo di programma dalle rispettive basi di militanti ed ha accolto la proposta per l’incarico di presidente del Consiglio a Giuseppe Conte, superando ogni perplessità sulla circostanza che un governo politico fosse guidato da un presidente non eletto in Parlamento. Mattarella aveva semplicemente fatto presente, sia ai rappresentanti dei due partiti sia al presidente incaricato, che per alcuni Ministeri – ed in particolar modo per quello dell’Economia, che costituisce sempre un messaggio immediato, di fiducia o di allarme, per gli operatori economici e finanziari – avrebbe esercitato un’attenzione particolarmente alta sulle scelte da compiere: nessuna obiezione gli è stata mossa.
Domenica pomeriggio il professor Conte è salito al Colle e ha presentato le sue proposte per i decreti di nomina dei ministri che – come dispone la Costituzione – il presidente della Repubblica deve firmare, assumendosene la responsabilità istituzionale, svolgendo un ruolo di garanzia, che non ha mai subito né può subire imposizioni. Mattarella ha condiviso e accettato tutte le proposte per i ministri, tranne quella del ministro dell’Economia: era stata chiesta l’indicazione di un autorevole esponente politico della maggioranza, coerente con l’accordo di programma. Un esponente che non sia visto come sostenitore di una linea, più volte manifestata, che potrebbe provocare, probabilmente, o, addirittura, inevitabilmente, la fuoruscita dell’Italia dall’euro. Cosa ben diversa da un atteggiamento vigoroso, nell’ambito dell’Unione europea, per cambiarla in meglio dal punto di vista italiano. A fronte di questa sollecitazione, è stata dunque registrata indisponibilità ad ogni altra soluzione, e il presidente del Consiglio incaricato ha rimesso il mandato.
Mattarella ha sottolineato che è suo dovere, nello svolgere il compito di nomina dei ministri – che gli affida la Costituzione, lo ribadiamo – essere attento alla tutela dei risparmi degli italiani. Dopo aver fatto tutto il possibile per far nascere un governo politico, anteponendo a qualunque altro aspetto la difesa della Costituzione e dell’interesse della comunità nazionale, il presidente della Repubblica ha dunque deciso di conferire un nuovo incarico di governo al dottor Carlo Cottarelli, già noto come commissario della “spending review” nel 2013.
Che cosa succede dunque ora? Tra la rabbia e le proteste, che tanto assomigliano ai capricci dei bambini più che ad una condotta responsabile di chi “sta giocando” con le sorti di un Paese, Cinque Stelle e Lega dovrebbero avere ora la decenza di smetterla di gettare benzina sul fuoco, e tacere.
Loro al popolo si sono presentati divisi. Loro hanno proposto un premier non eletto e non votato in Parlamento, in Regione, in Comune. Loro hanno nascosto dietro un nome proposto di soppiatto la possibilità per l’Italia di uscire dall’euro. Il presidente della Repubblica ha chiaramente il diritto e il dovere d’intervenire sulla nomina dei ministri poiché li designa e firma lui, su proposta del premier incaricato. Quello del ministro dell’Economia altro non era se non “il grande alibi” per permettere a Cinque Stelle e Lega di tornare alle elezioni. Mattarella è stato così paziente e disponibile da accettare 16 ministri su 17, e – sul 17esimo – di proporre come alternativa il vice di Salvini. Come mai, dunque, non è partito tutto?
Altro che “prima gli italiani”: a Cinque Stelle e Lega interessano solo i consensi da grande campagna elettorale. Quando si tratta di metter mano per cambiare le cose davvero, poi, è tutta un’altra storia.
“Sono davvero arrabbiato”, ha scritto Salvini su Facebook dopo le dichiarazioni che hanno segnato il cambio di passo di Mattarella, ormai sfiduciato dopo tutto il vano lavoro fatto per dar vita ad un governo politico.
“Mi piace”, ha cliccato Di Maio.
Come ha giustamente fatto notare Matteo Renzi, “i grandi statisti che dovevano portarci alla Terza Repubblica ci stanno portando alla terza media”. Con tutto il rispetto per i ragazzi e le ragazze di terza media, il problema, qui, è una frattura mancata: i politici non devono assomigliare ai ragazzi e alle ragazze di terza media: hanno a che fare, lo ripetiamo, con il destino di un Paese, e – per restare in metafora – questo non è certo un gioco da ragazzi. Bisogna avere il coraggio e la forza di dire che questi signori hanno giocato e stanno giocando sulla pelle degli italiani.
Ci aspettano mesi difficili: avremmo voluto evitarli, ma è l’occasione per il salvataggio del Paese. Abbiamo bisogno di una campagna di verità, con il coinvolgimento pieno dei cittadini. La nostra speranza è quella di riuscire, con voi, ad andare in profondità – “in depth”, come si legge nella “categoria” di questa rubrica – oltre la superficie di ciò che appare sul palcoscenico.
“Questa forte Italia, questa Italia forte”, sia capace di uscire vincitrice dalle prossime elezioni.
Buona Settimana!
Stefania Barcella
Giornalista iscritta all’albo dei pubblicisti della Lombardia (IT)