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Amati Lettori,
siamo nell’ultima settimana di Luglio e – complice forse il caldo – i toni si stanno infuocando sempre di più. Parole, dichiarazioni, tweet: la retorica del botta e risposta, della replica e controreplica, domina e riempie le pagine dei giornali.
Sotto i riflettori, nelle ultime ore, oltre alla ricorsiva questione dei migranti, c’è la tensione – a parole – fra Stati Uniti e Iran. La querelle dialettica inizia domenica sera, quando il Segretario di Stato americano, Mike Pompeo, dichiara che la guida suprema dell’Iran, Ali Khamenei, ha un fondo speculativo segreto personale da 95 miliardi di dollari non tassato e utilizzato dalle Guardie islamiche rivoluzionarie: “Il livello di corruzione e ricchezza tra i leader del regime dimostra che l’Iran è gestito da qualcosa che somiglia alla mafia più che a un governo”. A lui ha subito risposto il portavoce del Ministero degli Esteri iraniano, Bahram Ghasemi, sostenendo che tali parole “dimostrano l’incapacità senza limiti degli Stati Uniti, che non sono riusciti a raggiungere il loro obiettivo dopo essersi ritirati in modo unilaterale e illegale dall’accordo sul nucleare”.
Ma non è tutto: il presidente iraniano, Hassan Rouhani, ha voluto mettere in guardia il presidente statunitense Donald Trump in merito alle politiche ostili nei confronti del suo Paese e l’ha avvertito di “non giocare con la coda del leone (l’equivalente di “non scherzare col fuoco”), altrimenti se ne pentirà”. Poteva dunque tacere il tycoon…? Naturalmente no, e la sua replica è arrivata in coerenza col suo stile, attraverso un tweet scritto tutto in caratteri maiuscoli ad eccezione del destinatario del messaggio: “Al presidente iraniano Rouhani: NON MINACCIARE MAI PIÙ GLI STATI UNITI O NE PAGHERAI LE CONSEGUENZE, COME POCHI NELLA STORIA NE HANNO SOFFERTO PRIMA. NON SIAMO UN PAESE CHE TOLLERERÀ PIÙ LE TUE STUPIDE PAROLE DI VIOLENZA E MORTE. FATE ATTENZIONE!”.
Molto più blanda, ma ugualmente retorica, la polemica interna ai partiti italiani nei confronti degli esponenti del governo, che ancora – di fatto – non combinano niente: solo annunci, discussioni, emendamenti. E intanto il tempo passa, certo la strada – come in ogni inizio – è in salita, ma bisogna mettersi di buon animo e iniziare a camminare concretamente verso gli obiettivi prefissati. Diversamente, restano solo parole.
“Noi italiani siamo da sempre il Paese dei Gattopardi. A parole vogliamo che tutto cambi, ma solo perché tutto rimanga com’è”, lo diceva Sergio Marchionne a Cernobbio nel 2014. Ora che l’attenzione mediatica si concentra sull’imprenditore che ha lasciato FCA per il peggioramento delle condizioni di salute, questa frase riemerge e riecheggia facendo meditare e riflettere. Del resto, non c’è altro a cui pensare se non al passato di questo grande manager ora avvolto dal silenzio e dall’attesa di quel che dev’essere. È un contrasto forte, se raffrontato all’urlare del mondo sempre pronto a puntare il dito verso l’avversario. Il nuovo amministratore delegato, Mike Manley, ha già iniziato il suo lavoro sotto il segno della continuità e sta affrontando tutto ciò ch’era in programma. Ma qui, ora, fermiamoci un istante solo a riflettere, nel limbo fra i toni caldi e il silenzio: qual è l’approccio migliore per raggiungere i nostri obiettivi?
Buona Settimana!
Stefania Barcella
Giornalista iscritta all’albo dei pubblicisti della Lombardia (IT)