Il senso dell’Aquarius: come tenere insieme volontà individuali e interessi collettivi

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Amati Lettori,

come spesso accade il mese di Giugno, che segna l’inizio dell’Estate e della “bella stagione,” è il mese a partire dal quale torna sotto i riflettori la questione migranti. A maggior ragione ciò avviene se si è appena insediato un governo e si vuol ritarare il limite oltre il quale non ci si può spingere. La vicenda della nave Aquarius ha tenuto banco per oltre dieci giorni, alla fine si è offerta la Spagna e i migranti sono sbarcati al porto di Valencia. Tuttavia non è naturalmente finita qui: mentre queste persone arrivavano “a destinazione”, il neo-ministro dell’Interno Salvini alzava ancora la voce rimarcando il divieto per altre due navi.

Cerchiamo di non farci prendere dalla superficialità e dall’assenza di memoria: la retorica di domino pubblico è piena di “è colpa dell’Europa”. È drammatico che capi di Stato e di governo parlino per aizzare le rispettive opinioni pubbliche piuttosto che per trovare una soluzione. In tutta questa faccenda ci sono un interesse nazionale e un interesse collettivo. Non ne usciremo mai, se non ci convinceremo che il problema non è dove sbarcano i migranti, ma chi e come se ne prende carico. Serve che la competenza su questa gente sia dell’Unione europea ovunque siano, il resto vale quel che vale. Bisogna imparare – anche e soprattutto nel corso di momenti difficili – a saper parlare nelle sedi di governo europeo: se tutti fanno i propagandisti come chi non ha incarichi o sta all’opposizione, si genera un grande caos che ricorda altri tempi in cui si sono preparati solo che disastri. Noi europei abbiamo già la storia dell’esserci ammazzati a vicenda, ora è meglio conservare la riservatezza e la diplomazia, ragionevolezza e memoria.

Un altro aspetto delicato riguarda lo scontro fra governo e ONG: non sono tutte uguali, è sbagliato – come sempre, del resto – fare di tutta l’erba un fascio. Ricordiamo che il Ministero dell’Interno aveva chiesto alle ONG di firmare un protocollo: quelle che lo firmavano potevano continuare a collaborare con le autorità italiane, le altre no. Erano state aperte inchieste giudiziarie per bloccare coloro i quali andavano a prendere (non salvavano) i migranti e collaboravano con il mercato illecito, immorale e intollerabile degli scafisti. Non bisogna accomunare tutto: il problema non è su quale nave sei a bordo, ma chi c’è a bordo.

Il neo-ministro degli Esteri Moavero Milanesi ha recentemente ricordato che l’Italia aveva già detto no alla quarta versione del trattato di Dublino, che nell’Unione europea ci sono altri Paesi che hanno detto no alla quarta versione del trattato di Dublino ma per ragioni opposte a quelle italiane, che occorre distinguere tra rifugiati e migranti economici e – soprattutto – che dobbiamo lavorare assieme a tutti gli europei per avere corresponsabilità nella scelta di chi può entrare e chi no. Questa è una posizione buona e giusta ed è importante che sia pronunciata dal ministro degli Esteri.

Altra faccenda a molto dibattuta è il caso dello Stadio a Roma. Stanno emergendo, giorno dopo giorno, notizie d’incontri segreti del costruttore, intercettazioni telefoniche, carte d’inchiesta… il copione è sempre lo stesso. Ricordiamoci ch’esiste la presunzione d’innocenza: se qualcosa di sbagliato è stato fatto, bisogna in qualche modo dimostrarlo. Ciò ch’è auspicabile è il riavvio della giustizia: che possa avere tempi brevi per scagionare gl’innocenti e far pagare pene certe ai colpevoli. Ora la questione “morale” sta toccando nel vivo i Cinque Stelle: il processo, per loro come per gli altri, sia in tribunale e non sui social.

Dal punto di vista economico vanno rilevati due fatti di particolare rilevanza. Da un lato la FED ha deciso il secondo rialzo dei tassi d’interesse, dall’altro Draghi ha annunciato lo stop agli acquisti dei titoli di Stato da parte della BCE a partire dal 2019. Che cosa significa questo per l’Italia? Che si chiude l’ombrello del Quantitative Easing, ch’è finito il tempo in cui si poteva approfittare di una congiuntura favorevole per migliorare la situazione del nostro debito pubblico già troppo elevato e che si avvia a costare sempre di più. Vedremo in autunno quali decisioni prenderà il neo-ministro dell’Economia Tria quando si appresterà ad abbozzare il nuovo DEF.

Nel frattempo, un accordo internazionale è degno di nota conclusiva: quello fra la Macedonia e la Grecia, terra che un tempo fu di Alessandro Magno. Domenica 17 Giugno il ministro degli Esteri greco, Nikis Kotzias, e la sua controparte macedone, Nikola Dimitrov, hanno firmato lo storico patto che cambia ufficialmente il nome della ex repubblica jugoslava: verrà chiamata “Repubblica della Macedonia del Nord”. Il primo ministro della Grecia, Alexander Tsipras, e il premier della Macedonia, Zoran Zaev, hanno partecipato all’incontro, insieme ad alcuni funzionari delle Nazioni Unite e dell’Unione Europea. Il patto fra Atene e Skopje dovrà essere ratificato dai rispettivi Parlamenti e confermato da un referendum in Macedonia entro la fine dell’anno. Sottolineiamo che il tutto si è risolto in pace e con una stretta di mano, poiché le parti in causa hanno preventivamente stabilito che la nuova Repubblica della Macedonia del Nord, completate le procedure burocratiche indicate, potrà cominciare il processo per l’entrata nell’Unione Europea e nella NATO.

È importante sapere che cosa si vuole ottenere e capire qual è il contesto entro il quale ci muoviamo: unendo interessi individuali e collettivi si può operare per la buona riuscita delle questioni più complicate.

Buona Settimana!

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Stefania Barcella
Giornalista iscritta all’albo dei pubblicisti della Lombardia (IT)