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Portare alla luce la verità dietro il caso di Enzo Tortora, raccontando il caso di malagiustizia che coinvolse il famoso conduttore televisivo con gli occhi – e la penna – della figlia. Questo, in sintesi, il senso del libro Testa alta, e avanti edito da Mondadori.
Era il 17 giugno 1983, il giorno in cui Gaia avrebbe dovuto fare l’esame orale di terza media per poi vivere un’estate di spensieratezza e libertà. Ma non andò così: quella notte, il padre venne arrestato per associazione a delinquere di stampo camorristico. Si pensava ad un equivoco, che si sarebbe sicuramente risolto nel giro di poche ore. Invece non solo le ore, ma anche i giorni, i mesi, gli anni passavano, e la situazione diventava sempre più assurda e surreale. Una gogna mediatica per Enzo e la famiglia Tortora, di cui quasi mai si tiene conto quando si urlano notizie come se fossimo al mercato del pesce.
Il libro racconta il calvario vissuto e il punto di vista della figlia vede la vicenda come un accanimento giudiziario. Gaia Tortora racconta anche di sé e di come ha superato i traumi della sua adolescenza e la perdita del padre. Nella narrazione si alternano le sfaccettature dell’autrice: quella da giornalista, con il compito di raccontare i fatti in maniera oggettiva e saper porre un limite alle proprie considerazioni, e quella da figlia, che cerca giustizia per il padre e per il resto della famiglia disposta a fare qualsiasi cosa pur di porre fine – a testa alta – alla vicenda che ha procurato anni di sofferenza a tutti i suoi cari.
L’intervista con Gaia Tortora
Una volta terminata la lettura del libro, grazie alla mia professoressa Stefania Barcella sono riuscita a ottenere la seguente intervista telefonica con la giornalista Gaia Tortora.
Che senso ha il titolo del libro?
“Testa alta, e avanti” è una frase che papà mi ha scritto due o tre volte nelle sue lettere dal carcere… rispecchia il senso di avere sempre la testa alta senza vergogna e con fierezza e andando avanti rispetto al dolore.
Nel libro dice che avrebbe voluto essere nei panni della sorella maggiore, Silvia. Che cos’avrebbe fatto al posto suo?
In realtà avrei fatto la stessa identica cosa: mi sarei presa cura di tutta la parte più burocratica e nel frattempo avrei vegliato sulla sorella più piccola, perché la vita è un “proteggersi a vicenda”.
Se avesse vissuto la stessa situazione in questo momento, da adulta, che cosa sarebbe cambiato?
Innanzitutto ti ringrazio, perché è una domanda che nessuno mi ha mai fatto e che non è facile… sicuramente sarebbe stata in ugual modo una vicenda che ti porta all’inferno, ma l’avrei affrontata con una forza diversa data dalla maturità – la forza che ho trovato dentro di me l’ho dovuta trovare comunque anche a quattordici anni – e forse avrebbe inciso meno sulle relazioni.
Nel libro dice che suo padre si è fatto seppellire con una copia della Storia della Colonna Infame di Manzoni. Lei e suo padre avete mai creduto in una Giustizia divina oltre a quella – talvolta malfunzionante – terrena?
Ho sempre avuto speranza, una speranza data dalla consapevolezza dell’innocenza di mio padre, ma non ho mai creduto nella giustizia divina anche perché provengo da una famiglia sostanzialmente atea. Mio padre si è avvicinato alla Fede negli ultimi periodi della sua vita, io ultimamente ho trovato nel buddismo alcune risposte per lenire le sofferenze terrene e riempire i vuoti dell’anima con la ricerca di qualcosa o qualcuno.
Quali sono i ricordi più belli legati a suo padre?
Sicuramente le lettere grazie alle quali si manteneva il contatto. Mio padre faceva uno sforzo enorme per trovare il modo di darmi uno scorci di normalità: sulle sei pagine che mi scriveva nelle quali si parlava naturalmente della vicenda da tutte le sue angolature, almeno due erano dedicate a me, alla mia quotidianità.
Che cosa farebbe per far capire ai giovani l’importanza dei diritti per tutti?
I diritti sono veramente per tutti, soprattutto per i minori e per le persone innocenti che subiscono ingiustizie per colpa della mala informazione e per il pregiudizio. Alle mie figlie ho insegnato di farsi sempre un’opinione propria sui fatti dopo aver ascoltato tutte le campane, senza seguire quello che pensa o dice la gente.
Il senso di quello che leggiamo
Questo libro ha reso manifesta una situazione di malagiustizia e mi ha aiutato ad aprire gli occhi su come diversi organi statali italiani – nel caso specifico i PM, giudici e forze dell’ordine – siano stati corrotti. Grazie alla forza, al coraggio e alla determinazione di Gaia Tortora seppur a distanza di anni è stato possibile fare chiarezza su questa vicenda.
“La giustizia fa il suo corso” dice un famoso proverbio, ma la domanda che mi resta dopo questa esperienza, e che vorrei lasciare a voi che mi leggete, è: quanto costa il tempo che ci vuole prima che la giustizia faccia il suo corso?
A cura di Martina Stella