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Nelle ultime ore imperversa la polemica sui “Ferragnez” – ossia i coniugi Chiara Ferragni e Fedez – contro i politici, ed in particolare Matteo Renzi.
Il leader di Italia Viva è comparso nello scatto di una story della Ferragni su Instagram, reo – come tutti gli altri indistinti politici – di “fare schifo”, poiché starebbe intralciando l’iter del DDL Zan in Parlamento.
Ma di che cosa stiamo parlando veramente?
Che cos’è il DDL Zan
Il DDL Zan è un testo unificato nato da diverse proposte di legge presentate alla Camera da Alessandro Zan, da Ivan Scalfarotto, da Laura Boldrini, da Mario Perantoni (M5S) e da Giusi Bartolozzi (FI), accomunati dall’applicazione della legge Mancino per quanto riguarda la discriminazione e l’istigazione ai reati dettati dall’odio omofobico.
Il testo è composto di 10 articoli in base al cui contenuto i reati collegati all’omofobia verrebbero equiparati a quelli sanciti dall’articolo 604 bis del Codice penale, che contrasta il razzismo e l’odio su base religiosa punendo con la reclusione fino a quattro anni le discriminazioni basate sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere e sulla disabilità. Il Disegno di legge vorrebbe istituire anche una Giornata nazionale contro l’omofobia, la lesbofobia, la bifobia e la transfobia, per promuovere una più diffusa “cultura del rispetto e dell’inclusione nonché contrastare i pregiudizi, le discriminazioni e le violenze motivati dall’orientamento sessuale e dall’identità di genere”.
A che punto siamo dell’iter parlamentare
Il Disegno di legge Zan, già approvato alla Camera nel Novembre 2020, si trova attualmente in Commissione Giustizia al Senato mentre è acceso il dibattito pubblico, con divisioni profonde anche all’interno dello stesso Parlamento.
Italia Viva, il partito di Matteo Renzi, ha recentemente proposto di cambiare il testo eliminando alcuni passaggi giudicati divisivi col fine dichiarato di facilitarne l’approvazione: “Meglio un compromesso che nessuna legge”. Una posizione analoga è quella che propone la Lega di Matteo Salvini, che ha a sua volta accolto il monito della Santa Sede: “Se dal DDL Zan togliamo l’ideologia, finalmente si smette di litigare e si approva una norma di protezione e civiltà”.
Per il DDL Zan c’è un problema dei numeri al Senato. A scrutinio segreto rischia molto: anche nei gruppi PD e 5S potrebbero mancare voti.
Quali sono i punti contestati
Il testo del DDL Zan all’articolo 1 definisce l’identità di genere come “l’identificazione percepita e manifestata di sé in relazione al genere, anche se non corrispondente al sesso biologico” e “indipendentemente dall’aver concluso un percorso di transizione”. Ma Italia Viva ha proposto di stralciare tali definizioni e quindi “riportare il DDL Zan alla definizione contenuta nello Scalfarotto, ovvero aggiungendo le parole ‘o fondati sull’omofobia o sulla transfobia’, oltre al tema della disabilità, e rivedendo conseguentemente l’articolato”.
L’articolo 4 riguarda il pluralismo delle idee e la libertà delle scelte: “Ai fini della presente legge, sono fatte salve la libera espressione di convincimenti od opinioni nonché le condotte legittime riconducibili al pluralismo delle idee o alla libertà delle scelte, purché non idonee a determinare il concreto pericolo del compimento di atti discriminatori o violenti”. Ma i renziani vedono nell’articolo un rischio per la libertà di espressione: “La libertà di pensiero e di espressione sono già tutelati dalla nostra Costituzione, non può essere degradata in una legge ordinaria”.
L’articolo 7 istituisce la Giornata nazionale contro l’omofobia, da celebrare anche nelle scuole: “La Repubblica riconosce il giorno 17 Maggio quale Giornata nazionale contro l’omofobia, la lesbofobia, la bifobia e la transfobia, al fine di promuovere la cultura del rispetto e dell’inclusione nonché di contrastare i pregiudizi, le discriminazioni e le violenze motivati dall’orientamento sessuale e dall’identità di genere, in attuazione dei principi di eguaglianza e di pari dignità sociale sanciti dalla Costituzione”. Ma, anche in questo caso, Renzi non è pienamente convinto e vorrebbe aggiungere la frase “nel rispetto della piena autonomia scolastica”.
La polemica della Ferragni
Il dibattito è aperto e, proprio perché in Italia già esiste la libertà di espressione sancita dalla Costituzione, l’influencer Chiara Ferragni ha espresso la propria posizione in una storia (che resta online per sole 24 ore) su Instagram. Forte dei suoi 24 milioni di follower, l’imprenditrice di se stessa ha accusato i politici – senza distinzioni, ma postando una foto di Renzi a corredo delle sue parole – di “fare schifo” poiché starebbero intralciando l’iter del DDL Zan di cui da mesi si è fatta “portabandiera” insieme al marito Fedez, che di mestiere fa il cantante.
La risposta di Renzi
Sempre tramite social, il politico Matteo Renzi non ha fatto mancare la sua risposta: la riportiamo di seguito integralmente.
Chiara Ferragni entra nel dibattito sulla Legge Zan dicendo ai suoi 24 milioni di follower: “Che schifo che fate politici”, con la mia faccia.
Ho sempre difeso Ferragni da chi la criticava quando postava dagli Uffizi o da chi vorrebbe minimizzare il ruolo degli influencer. Lo faccio anche oggi.
Fa bene Chiara Ferragni a dire quello che pensa. Solo che da lei mi aspettavo qualcosa in più di una frasina banale e qualunquista.
Dire che i politici fanno schifo è il mediocre ritornello di chi vive di pregiudizi.
Da una persona che stimo mi aspetterei un confronto nel merito.
Perché sapete chi fa davvero schifo in politica? Fa schifo chi non studia, chi non approfondisce, chi non ascolta le ragioni degli altri, chi pensa di avere sempre ragione.
Io ho firmato la legge sulle unioni civili, mettendoci la fiducia: quella legge dura più di una storia su Instagram.
Per firmarla ho preso insulti, ho rischiato la vita del Governo, ho fatto compromessi.
La politica è serietà, passione, fatica: non è un like messo per far contenti gli amici.
Se Chiara Ferragni vuole confrontarsi sugli articoli 1, 4, 7 della legge Zan e sugli emendamenti Scalfarotto io ci sono.
Se Chiara Ferragni vuole conoscere come funziona il voto segreto al Senato, ai sensi dell’articolo 113.4 del Regolamento, io ci sono.
Se Chiara Ferragni vuole discutere, criticare, approfondire io ci sono.
Ma sia chiaro.
La politica, cara Ferragni, è un’attività nobile e non fa schifo.
E la politica si misura sulla capacità di cambiare le cose, non di prendere i like.
Quando tutti mi dicevano che non dovevamo cambiare Conte noi non abbiamo seguito l’onda social: abbiamo ragionato con la nostra testa e grazie al nostro coraggio è arrivato Draghi. E le cose vanno meglio. Anche allora gli influencer ci attaccavano e ci insultavano. Anche allora noi siamo andati controcorrente. E abbiamo vinto.
Sono pronto a un dibattito pubblico con la dottoressa Ferragni, dove vuole e come vuole. Sono sempre pronto a confrontarmi con chi ha il coraggio di difendere le proprie idee in un contraddittorio. Se ha questo coraggio, naturalmente.
La chiosa di Fedez
E alla fine, a voler chiudere il dibattito immaginario, è arrivato il cantante Fedez: “Stai sereno Matteo. C’è tempo per spiegare quanto sei bravo a fare la pipì sulla testa degli italiani dicendogli che è pioggia”.
I Ferragnez sono furbi, Renzi il solito cinico
La celebre coppia dello spettacolo ha dimostrato di non avere idea di come sia fatta una proposta di legge e ignora che cosa sia un iter legislativo. Ma, d’altra parte, ha onorato la prima regola dei social: “Sapere poco, commentare tutto” (esattamente il contrario di quanto suggeriva l’abate Pirard – celebre personaggio stendhaliano de Il rosso e il nero – al suo pupillo: “Al vostro posto, io parlerei pochissimo e soprattutto non parlerei mai di quello che non so”).
Il politico – noto per essere il fautore della crisi di governo in piena pandemia, salvo poi vedersi riconosciuto il merito della guida di Draghi a Palazzo Chigi – ha palesato ancora una volta di mancare di senso della realtà e delle proporzioni: se sei leader di un partito di minoranza, e soprattutto hai la fama citata poc’anzi che ti ha reso inviso a molti italiani, è suicida polemizzare con chi ha più di 24 milioni di follower. Ma, evidentemente, Matteo Renzi ha ben altri fini e non teme, anzi, ama l’andare “Contro Corrente”.
Il rischio di una democrazia a colpi di like
Quello a cui dovremmo stare molto attenti in questa querelle, al di là della questione specifica del DDL Zan (che è soltanto un pretesto contingente) e degli attori sul palcoscenico (le persone passano, ma le dinamiche che si innescano mettono radici), è il rischio di una democrazia a colpi di like: una commistione di mondi completamente diversi che, a ben guardare, sarebbe meglio che restino separati. Diversamente, la “nuova élite” sarà costituita da qualunquismo, populismo e grandi patrimoni basati sul fatturato dei clic.
Stefania Barcella
Giornalista iscritta all’albo dei pubblicisti della Lombardia (IT)