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Quando è cominciato il 2020 Israele era in campagna elettorale per il terzo voto politico in un anno (prima di Marzo 2020, infatti, si era già andati alle urne nell’Aprile e nel Settembre 2019).
A ogni tornata si pensava che fosse in gioco il destino del premier Benjamin Netanyahu, protagonista della vita politica del Paese dalla fine degli anni Novanta, e che potesse essere arrivato il momento del suo tramonto, ma alla fine lo scaltro leader della destra israeliana è sempre riuscito a rimanere il centro del sistema politico.
Stavolta Netanyahu si è giocato la promessa definitiva, in grado di fare sognare la destra sionista: l’annessione di gran parte della Cisgiordania. Forte del rapporto solido con l’allora presidente statunitense Donald Trump – pronto ad accontentare tutte le rivendicazioni storiche della destra israeliana nel “piano di pace” elaborato dal genero e consigliere Jared Kushner –, della debolezza dell’Europa su questo scenario e della marginalizzazione della causa palestinese, ha così approfittato della situazione.
Ma poi è arrivato il Covid-19. La gestione della pandemia da parte del governo non convince, né da un punto di vista sanitario né economico. Il premier è sotto processo per corruzione, frode e abuso d’ufficio e dall’inizio dell’estate cominciano manifestazioni e cortei che si fanno sempre più numerosi. La polizia interviene, spesso con la violenza, per sgombrare i manifestanti.
Il progetto di annessione viene gradualmente accantonato: all’atto unilaterale viene preferita la diplomazia, con gli Accordi di Abramo, che nel corso dei mesi portano Israele a stabilire relazioni diplomatiche con vari Paesi arabi con cui non le aveva mai avute: Emirati Arabi Uniti, Bahrein, Sudan e Marocco. I grandi sconfitti sono ancora una volta i palestinesi: mentre il riconoscimento di uno Stato per loro è lontano, i Paesi arabi della regione fanno la pace con Israele in funzione anti-iraniana.
Alla fine del 2020 le tensioni accumulate nella gestione della pandemia, con numeri preoccupanti per un territorio piccolo, e i processi a carico del premier hanno messo in crisi il governo, che potrebbe portare il Paese a nuove elezioni entro Marzo del 2021. Nel frattempo il presidente degli Stati Uniti non sarà più lo stesso, ma niente lascia pensare che le questioni di fondo sul futuro della democrazia israeliana e sul rapporto con i palestinesi saranno davvero affrontate in questa ennesima campagna elettorale.
Stefania Barcella
Giornalista iscritta all’albo dei pubblicisti della Lombardia (IT)