Tempo medio di lettura: 1 minuti
Il premier britannico Boris Johnson aveva detto “meglio morto in un fosso” che un rinvio sulla Brexit. E invece, complice una mancata scadenza fissata dalle opposizioni – che gli imponeva un accordo Brexit approvato dalla Camera dei Comuni entro le 23 del 19 Ottobre – si è dovuto piegare: esattamente come già successo a Theresa May, è stato negato un nuovo voto prima dell’approvazione di tutta la legislazione legata all’accordo.
La richiesta di Johnson all’UE
E così Johnson è stato costretto a chiedere il rinvio all’UE: il leader ha inviato una lettera per l’estensione al presidente del Consiglio europeo Donald Tusk, ma non ci ha messo la firma e anzi ne ha allegata una seconda che ha smentito la prima definendo l’ennesimo rinvio della Brexit “un errore”. Uno stratagemma per salvare la faccia, ma che non ha turbato Tusk.
Il rinvio concesso dall’UE
Dieci giorni dopo, i 27 Stati membri dell’UE hanno accolto la richiesta del Regno Unito di rinviare la Brexit al 31 Gennaio 2020: è quanto ha annunciato il presidente del Consiglio europeo, Donald Tusk, precisando che è stata accolta la cosiddetta “flextension”, a indicare che Londra potrebbe anche lasciare l’UE prima di tale data in caso di approvazione dell’accordo negoziato da Londra con Bruxelles da parte del parlamento britannico.
Le elezioni anticipate nel Regno Unito
Il via libera dei 27 è arrivato nel giorno in cui Westminster si accinge a votare la richiesta del premier Boris Johnson di tenere elezioni anticipate il 12 Dicembre.
Stefania Barcella
Giornalista iscritta all’albo dei pubblicisti della Lombardia (IT)