L’ESCALATION IN KASHMIR. L’India ha revocato lo “status speciale” alla strategica regione himalayana: l’obiettivo è quello di proteggere il proprio futuro economico e fronteggiare il problema della sicurezza interna contro il Pakistan

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L’India ha deciso di revocare lo “status speciale” alla regione himalayana del Kashmir. Il ministro degli Interni, Amit Shah, ha annunciato in Parlamento un decreto che cancella l’articolo 370 della Costituzione, in cui era prevista la capacità di legiferare autonomamente per lo Stato di Jammu e Kashmir. La decisione è arrivata in un contesto di escalation di violenza fra India e Pakistan.

Il primo ministro indiano, Narendra Modi, in un discorso alla nazione ha spiegato che il governo indiano ha deciso di revocare lo status di autonomia di cui godeva la regione del Kashmir perché “il Pakistan l’ha utilizzato come strumento per diffondere il terrorismo”.

In un appello alla nazione nel pieno della crisi con il Pakistan per la cancellazione dello speciale emendamento della Costituzione che garantiva appunto l’autonomia della regione (unico Stato indiano a maggioranza islamica), Modi ha affermato che ha prodotto anche separatismo, corruzione e il “governo di poche famiglie”.  Nel suo discorso a braccio, il premier ha definito la scelta del suo governo un passo storico grazie al quale i sogni di molti sono finalmente diventati realtà.

Le tensioni fra India e Pakistan e la centralità del Kashmir

India e Pakistan, due potenze nucleari, hanno una disputa decennale che riguarda la regione del Kashmir, di cui una parte è sotto l’autorità dell’India, ma gode di parziale autonomia.

Il Pakistan appoggia i gruppi che attaccano i soldati indiani in Kashmir, con la speranza che ottengano l’indipendenza. L’obiettivo strategico del Pakistan è di strappare un territorio all’India, contro cui ha già combattuto quattro guerre nel 1947, 1965, 1971 e 1999.

Il Pakistan opera affinché l’India perda il Kashmir per due ragioni principali. La prima è che, nel 1971, l’India ha combattuto contro il Pakistan per strappargli un’intera regione, che oggi conosciamo come Bangladesh. La seconda è che il Kashmir ha un’importanza geostrategica vitale per via dell’acqua che nasce dai ghiacciai dell’Himalaya.

La guerra dell’acqua per le acque del Kashmir

Le acque glaciali, che scorrono attraverso il Kashmir, forniscono acqua ed elettricità a un miliardo di persone in India. Il Pakistan, invece, ha bisogno di quelle acque soprattutto per il settore agricolo.

L’India, con una popolazione in crescita e un bisogno sempre maggiore di  elettricità, intende accrescere gli impianti idroelettrici in Kashmir, mentre il Pakistan teme che l’India possa deviare il corso delle acque per strozzare la sua agricoltura.

Nel 1960, India e Pakistan hanno firmato un accordo per il controllo dei fiumi del Kashmir. Alcuni sono stati attribuiti al Pakistan e altri all’India. Tutti i fiumi però passano attraverso l’India, che ha pertanto una posizione  di vantaggio.

Trump come mediatore per il premier del Pakistan

L’India è anche uno dei Paesi che, in competizione con la Cina, ambisce a trasformarsi in una grande potenza mondiale. Le sue potenzialità di crescita, anche grazie all’enorme popolazione, sono molto più grandi di quelle del Pakistan. Toglierle il controllo dell’acqua significherebbe influenzare il futuro politico dell’area.

Il presidente statunitense Donald Trump si è offerto come mediatore al premier del Pakistan, al quale ha chiesto in cambio di fare da mediatore con i talebani in Afghanistan, dove vorrebbe ritirare le truppe americane.

L’escalation di violenza fra India e Pakistan

Oltre a proteggere il proprio futuro economico, l’India deve fronteggiare un grave problema legato alla sicurezza interna. Combattere contro i terroristi del Kashmir significa combattere direttamente e indirettamente contro il Pakistan.

Il 14 Febbraio 2019, un attentato suicida nel Kashmir indiano, rivendicato dalla formazione islamista Jaish-e-Mohammed, ha causato la morte di 44 indiani e, dopo una serie di reazioni a catena, Pakistan e India hanno preso a bombardarsi nei rispettivi territori.

Il 5 Agosto 2019, alcune proteste popolari nella città di Srinagar sono state disperse dai soldati indiani con gas lacrimogeni e proiettili di gomma.

I gruppi insorgenti stanno utilizzando ciò che gli studiosi di terrorismo chiamano “politica del ju jitsu”, dal nome dell’arte marziale giapponese che ambisce a utilizzare la forza dell’avversario contro l’avversario stesso: i miliziani islamisti del Kashmir spingono il governo indiano ad aumentare la repressione di massa in modo che le masse si radicalizzino contro quel governo in appoggio alle attività terroristiche.

La reazione del Pakistan

Il primo ministro del Pakistan, Imran Khan, in un discorso al Parlamento, ha accusato il premier dell’India, Narendra Modi, di voler avviare una “pulizia etnica” contro i musulmani in Kashmir. Il comando supremo dell’esercito pakistano ha comunicato che darà ogni supporto ai musulmani impegnati a lottare per l’indipendenza del Kashmir dall’India. Siamo all’inizio di un’escalation.

Il ministro degli Esteri del Pakistan, Shah Mahmood Qureshi, ha annunciato dapprima la sospensione delle relazioni commerciali con l’India, poi la decisione di espellere l’inviato diplomatico indiano nel Paese e di richiamare l’ambasciatore pachistano a Nuova Delhi. Successivamente, è stato stabilita anche la sospensione di un servizio ferroviario chiave con la vicina India.

La situazione in Kashmir

Dall’annuncio del governo della cancellazione dell’autonomia dello Stato del Kashmir, che era garantita dal 1947 dalla Costituzione indiana e ribadita da una risoluzione dell’ONU del 1948, l’intera valle è isolata dal resto del Paese, con tutte le comunicazioni sospese, tranne quelle satellitari.

Almeno 2.300 persone, per lo più giovani uomini, sono in stato di detenzione nel Kashmir amministrato dall’India durante un blocco di sicurezza e un blackout delle comunicazioni, imposto per ridurre i disordini dopo che New Delhi ha revocato l’autonomia della regione contesa col Pakistan. Quasi 100 di queste persone sono state arrestate ai sensi della legge sulla sicurezza pubblica, che consente di essere trattenuti fino a due anni senza processo.

Migliaia di truppe indiane sono state inviate nella valle del Kashmir, una delle regioni più militarizzate del mondo, per controllare i posti di blocco. La maggior parte degli arresti è avvenuta a Srinagar, città principale del Kashmir e cuore di un movimento che da 30 anni cerca di estromettere l’India a maggioranza indù dalla regione a maggioranza musulmana, in modo che possa essere indipendentemente o fondersi con il Pakistan.

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Stefania Barcella
Giornalista iscritta all’albo dei pubblicisti della Lombardia (IT)