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Matteo Renzi si è dimesso da segretario del Partito Democratico. È ufficiale, dopo l’esito delle elezioni che hanno visto il suo partito sotto la soglia del 20%. Così l’ex premier: “Come sapete e com’è doveroso abbiamo riconosciuto con chiarezza che si tratta di una sconfitta netta che c’impone di aprire una pagina nuova all’interno del PD. Siamo orgogliosi del lavoro strepitoso che abbiamo fatto, ma è una sconfitta altrettanto chiara ed evidente. Oggi l’Italia ha una situazione politica per cui chi ha vinto non ha i numeri per governare e chi è intellettualmente onesto riconosce che il problema nasce dalla vicenda di un anno e mezzo fa. Coloro che si sono opposti sono vittime dei marchingegni di allora.
In questa campagna elettorale segnata dalle bugie ce n’è una che è più grande di tutte: non faremo accordi. Noi abbiamo fatto i nostri errori, non aprire la finestra delle elezioni nell’agenda europea e in questa campagna elettorale siamo stati fin troppo tecnici. Se a questo si somma l’evidenza di un vento estremista che nel 2014 siamo riusciti a fermare e incanalare a nostro sostegno e stavolta non siamo riusciti a bloccare, comprendiamo come il risultato sia deludente.
È ovvio che io lasci la guida del PD e come previsto dallo statuto ho già chiesto a Matteo Orfini di convocare un’assemblea nazionale per aprire la fase congressuale alla fine della fase di formazione del governo. Non credo sia possibile evitare un confronto vero dentro il PD su ciò che è accaduto in questi mesi e in questi anni. Sarà il caso di fare un Congresso che a un certo punto permetta alla leadership di fare ciò per cui è stata eletta. Non un reggente eletto dal caminetto, ma un segretario eletto dalle primarie.
Secondo punto: mi sento garante di un impegno morale politico e culturale. Abbiamo detto no a un governo degli estremisti, noi non abbiamo cambiato idea. Ci sono almeno tre elementi che ci separano profondamente da Salvini e Di Maio: l’antieuropeismo, l’antipolitica, l’uso dell’odio verbale.
Il nostro posto in questa legislatura è all’opposizione. Il PD non diventerà la stampella delle forze antisistema. Si parla della necessità di essere responsabili. Noi saremo responsabili. Che cosa farò io? Non c’è nessuna fuga, terminata la fase del governo io farò un lavoro che mi affascina, farò il senatore semplice e sono molto orgoglioso del risultato nel mio collegio. Si riparte dal basso, con molta umiltà, militante fra i militanti, dalle periferie della quotidianità. Ripartiamo da qui con l’orgoglio di chi in questi cinque anni può dire di aver fatto un lavoro bello. Restituiamo le chiavi di casa con una casa tenuta in ordine e bene. Noi siamo orgogliosi dei risultati e siccome vogliamo bene all’Italia speriamo che coloro i quali sono pronti a governare il Paese facciano meglio.
Amici, c’è una differenza profonda fra noi e loro. Noi ci riprendiamo la libertà di fare politica anche al di fuori dei palazzi. Vorrei che arrivasse un grandissimo grazie a tutti i candidati. Noi diremo sì a tutto ciò che serve al Paese, al futuro dei nostri figli. Diremo tre no chiari: no agli inciuci, no ai caminetti ristretti, no a ogni forma di estremismo. È stata una campagna elettorale finita male, ma che ha avuto tanti momenti belli e particolari. Si chiuda con un impegno molto chiaro e semplice: siccome qualcuno ci ha raccontato una realtà fatta di sogni, il PD è qui a dire chi ha forza di governare lo faccia, noi faremo il tifo per l’Italia. Ma la nostra responsabilità nei confronti del nostro Paese consiste nel saper dire dei sì, ma anche dei no”.
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Stefania Barcella
Giornalista iscritta all’albo dei pubblicisti della Lombardia (IT)