Il senso dello “shutdown”: dobbiamo spegnere ciò che non ha copertura garantita

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Amati Lettori,

oggi è il vostro compleanno: il vostro computer sta per spegnersi, tutti i programmi attivi saranno interrotti e il sistema operativo verrà chiuso. Bel regalo, non vi pare…? Parafrasando dall’informatica alla politica, questo è stato il primo anniversario di Donald Trump alla Casa Bianca: a mezzanotte del 20 Gennaio è scattato il cosiddetto “shutdown”, ovvero lo “spegnimento” dei finanziamenti delle attività amministrative federali per mancata approvazione del bilancio da parte del Congresso.

Negli Stati Uniti l’anno fiscale inizia il 1° Ottobre. In mancanza di un accordo su una legislazione per la spesa annuale, la pubblica amministrazione funziona grazie a finanziamenti provvisori garantiti da una cosiddetta “continuing resolution”. I finanziamenti di molte agenzie governative dipendono da provvedimenti legislativi approvati al Congresso e chiamati “appropriations bill”: senza l’approvazione di quelle misure, alcuni servizi vengono fermati. Una prima scadenza c’è stata l’8 Dicembre, in quella data i finanziamenti sono stati estesi sino al 19 Gennaio. Il 20 Gennaio, però, con 50 a 49 voti – 60 erano necessari per l’approvazione del testo – l’accordo è stato respinto dal Senato con il conseguente blocco delle attività federali ritenute “non necessarie”: generalmente il governo cerca infatti di continuare a garantire i servizi essenziali, come la sicurezza nazionale e quella pubblica, la giustizia, la sanità, le pensioni, il traffico aereo.

Perché lo shutdown in America è possibile? Perché è previsto dalla legge: la sospensione delle spese non essenziali del governo americano è stabilita dall’Antideficiency Act, una legge del 1884 – poi modificata nel 1950 e nel 1982 – che ha lo scopo di impedire che la pubblica amministrazione possa spendere senza le coperture garantite appunto dalla legge di rifinanziamento. La sospensione dura fino a quando la legge di rifinanziamento viene approvata. Il primo shutdown amministrativo è avvenuto nel 1976, sotto la presidenza del repubblicano Gerald Ford. Da allora se ne sono verificati 18. Sotto la presidenza Clinton ce ne furono due, uno da cinque giorni nel Novembre 1995 e uno da 21 tra il Dicembre di quell’anno e il Gennaio 1996. L’ultimo shutdown risaliva all’Ottobre 2013: durò 16 giorni e coinvolse 850 mila dipendenti federali, che furono messi temporaneamente in congedo.

Tanti commentatori, in questi giorni, si sono concentrati sulla coincidenza dello shutdown con il primo anniversario di Trump alla Casa Bianca: questa è d’altra parte una coincidenza numerica evidente e significativa. Ancor più significativo, però, è un sistema che non permette spese pubbliche senza le necessarie coperture garantite. In queste settimane di campagna elettorale, in Italia, stiamo sentendo le promesse più strampalate al fine di rientrare nelle grazie e nelle simpatie del maggior numero di possibili elettori. A queste promesse, però, come abbiamo già sottolineato altre volte in questa rubrica, non si accompagnano altrettante delucidazioni sulle fonti dei finanziamenti previsti per realizzarle concretamente. Spesso, purtroppo, ci dimostriamo un popolo che abbocca alle belle parole ed è disposto ad andare in qualsiasi direzione purché diversa rispetto a quella attuale, senza soppesare le implicazioni che uno sconsiderato cambio di rotta potrebbe avere.

wefAl World Economic Forum in corso a Davos, il Fondo Monetario Internazionale ha alzato la stima di crescita dell’Italia: nell’ultimo aggiornamento del suo World Economic Outlook, l’FMI ha previsto un’espansione dell’1,4% nel 2018 e dell’1,1% nell’anno successivo. Le due stime sono migliorate rispettivamente di 0,3 e 0,2 punti percentuali rispetto al precedente WEO. La direttrice generale, Christine Lagarde, ha sottolineato però che le incertezze politiche creano rischi nella realizzazione delle riforme, anche nel contesto delle elezioni in arrivo: “Abbiamo visto un notevole aumento del debito in molti Paesi e dobbiamo tenere la guardia alta”. La guardia alta è quella che dovremmo avere noi, cittadini elettori, che non possiamo staccare i fili dalla corrente quando le cose non vanno come vorremmo o come dovrebbero, ma che possiamo certamente prestare maggiore attenzione in questa fase di ascolto delle diverse proposte di programma.

Buona Settimana!
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Stefania Barcella
Giornalista iscritta all’albo dei pubblicisti della Lombardia (IT)